ALIGI SASSU Catalogo ragionato dell’opera sacra a cura di Alfredo Paglione
gennaio 2018 - Giuseppe Bonini, Antonello Negri ed Elena Pontiggia hanno presentato l’8 di gennaio 2018 all’Accademia di Brera,a Milano , il Catalogo ragionato dell’opera sacra di Aligi Sassu. Edito da Silvana Editoriale www.silvanaedtoriale.it , curato da Alfredo Paglione, contiene saggi di Antonio Paolucci, Gianfranco Ravasi, Antonello Negri, Elena Pontiggia, Giuseppe Bonini e Bruno Forte.
Il catalogo è il risultato del lavoro di ricerca e coordinamento editoriale degli ultimi nove anni di Alfredo Paglione e presenta, oltre ai saggi e ai contributi critici, 500 tavole a colori sul tema del sacro di Aligi Sassu, uno dei più grandi interpreti dell’arte del Novecento.
Dell’artista, Ludovico Ragghianti ebbe a scrivere: “Sassu ha significato, senza clamore, nella sua vicenda, l’infinita potenza dell’uomo di aggiungere sempre nuove e incancellabili verità di poesia alla vita e alla storia”. Conosciuto e amato in tutto il mondo, fu il primo artista italiano a recarsi in un’ambasceria culturale nella Cina di Mao, Sassu, attraversato per tutta la vita da un fervore sociale e filosofico di grande impronta intellettuale, visse in prima persona il dramma della detenzione per le sue idee politiche. Ma visse anche amato dagli uomini e dagli artisti del suo tempo per la forza e la pulsione dei suoi soggetti e della sua pittura improntata su un acceso e straordinario cromatismo.
Dell’uomo si ricordano i forti legami con i personaggi del suo tempo, da Sandro Pertini, suo grande amico, a Paolo VI, suo estimatore, a Quasimodo e all’intero cenacolo di artisti e intellettuali che muovevano le arti dai primi decenni del Novecento e fino alla fine del secolo appena trascorso.
Ma perché un catalogo interamente dedicato all’opera sacra di Sassu? Le ragioni non sono poche e non manca neppure il legame con l’attualità. Le opere trasmesseci da Sassu in questa direzione sono emblematiche. In particolar maniera Aligi Sassu si accostò a due temi: la deposizione e la crocifissione. Cresciuto in quell’arco di tempo che va fra le due guerre mondiali, l’artista conosce con i suoi occhi gli orrori della guerra. Il suo Cristo Crocifisso e il suo Cristo deposto sono simboli della sofferenza dell’uomo in quella società, sono i partigiani, sono gli uomini comuni colpiti da un fato collettivo che porta con sé dolore, fame, privazioni, morte. Dal punto di vista più strettamente pittorico Sassu declina queste opere su un piano visivo decisamente caratterizzato dal colore, quella cifra stilistica che gli è propria e che ha reso grande la sua pittura. Le figure sono chiuse in se stesse, attraversate dalla cupa ombra dell’angoscia e della sofferenza.
Così come scrive Antonio Paolucci nel volume, “il catalogo ragionato dell’opera sacra di Aligi Sassu era necessario. Necessaria la fatica che Alfredo Paglione si è assunto nel produrlo. Così si può conoscere un aspetto del Novecento italiano nel percorso di un suo testimone cruciale”.
Sassu fu anche il solo artista che nel Novecento dipinse opere aventi come tema il Concilio di Trento. Il Consesso tridentino è un’altra testimonianza del “credente” Aligi Sassu, così come scrive in catalogo il Cardinale Gianfranco Ravasi, che ebbe con l’artista un lungo incontro umano e spirituale.
Aligi Sassu era conosciuto per le sue idee politiche, era un uomo del suo tempo, affacciato sui grandi cambiamenti e sulle grandi ideologie politiche dell’epoca che, per la prima volta, attraversavano il mondo a grande velocità. Sassu era comunque figlio di una cultura e di una tradizione cattolico-cristiana la cui impronta conviveva perfettamente in un alveo di pensiero di fine intellettualità. Quella stessa raffinata intellettualità che si ritrova in tutte le sue opere, e in particolare in quelle sacre, dove la sua visione delle cose, del mondo e della società, trovano spazio ed espressione comune sulla tela che rappresenta un soggetto sacro ma grida il dolore dell’uomo.
Le ragioni per conoscere l’opera sacra di Sassu non sono solo artistiche o culturali, Sassu ha saputo, così come tutti i grandi hanno fatto, lasciarci una grande eredità su cui riflettere. L’eredità è quella visione che in opere come la Deposizione del 1932, vede per la prima, e ultima volta, un fanciullo nel consesso della pietas di coloro che accolgono il corpo del Cristo deposto dalla croce.
Questo fanciullo che quasi si nasconde è al centro della scena ed è in piena contrapposizione con il corpo di Cristo abbandonato nell’inconsistenza della morte.
Perché Sassu dipinge un fanciullo in quest’opera? Probabilmente per spingere un’immagine di speranza, di futuro, qui rappresentata dal fanciullo.
“A questo “fanciullo” è dedicato questo volume. Ai giovani, in particolar maniera, perché sappiano leggere nell’arte una delle essenze principali della vita”. Così si esprime Alfredo Paglione alla domanda sul motivo che lo ha portato a compiere questo importante lavoro di catalogazione su un artista che ha segnato la sua vita professionale e che lo ha portato, già in passato, a grandissime imprese come, nel 1984, all’ordinamento dell’antologica di Sassu a Palazzo Reale di Milano dove furono esposte 360 opere.