NELLA RETE DEGLI ORTI BOTANICI DELLA LOMBARDIA, GLI ANTICHI SAPERI SI TRAMUTANO IN NUOVE PRATICHE PER LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA SCIENTIFICA
febbraio 2024 – Prosegue e cresce, nel 2024, l’azione di divulgazione condotta dai giardini che aderiscono alla Rete degli Orti Botanici della Lombardia, associazione non profit che valorizza il patrimonio culturale di sei scrigni della biodiversità: l’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”; il Giardino Botanico Alpino “Rezia” di Bormio; l’Orto Botanico di Brera, l’Orto Botanico “Città Studi” e l’Orto Botanico “G.E. Ghirardi” di Toscolano Maderno (BS), appartenenti all’Università degli Studi di Milano; l’Orto Botanico di Pavia.
Dopo aver approfondito il lavoro di ricerca, entra ora nel vivo la parte di divulgazione e restituzione al pubblico del progetto ScienzaViva. Orti botanici e giardini di delizia. Antichi saperi e nuove pratiche per la diffusione della cultura scientifica (SVING. Scienza Viva in Giardino), di cui la Rete degli Orti Botanici della Lombardia è partner insieme con ReGiS – Rete dei Giardini Storici e con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, capofila di questa iniziativa cofinanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) nell’ambito delle iniziative per la diffusione della cultura scientifica, che si concluderà entro il 2024.
Nell’ambito del progetto SVING, i tre partner indagano sul patrimonio di antichi saperi custodito all’interno dei rispettivi circuiti per contribuire a dargli valore attraverso forme creative di diffusione della conoscenza e soluzioni espositive e didattiche innovative e coinvolgenti. L’obiettivo: creare un ponte tra passato e futuro e sostenere la scienza quale “materia viva” per raccontare i grandi temi del presente, dalla biodiversità agricola al cambiamento climatico alla sostenibilità della filiera alimentare.
La Rete degli Orti Botanici della Lombardia supporta l’attività dei singoli orti botanici del circuito che, nel loro continuo operare per la valorizzazione delle collezioni botaniche viventi e non, nel progetto hanno voluto attuare un focus di ricerca e recupero di un nucleo del loro patrimonio da riscoprire, finora poco noto al pubblico, per farlo conoscere in maniera innovativa e condivisa.
Di seguito, alcuni focus sulle indagini condotte dai singoli orti botanici aderenti alla Rete lombarda.
SEI COLLEZIONI INEDITE
214 pomi di fine Ottocento in mostra
L’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota” ha approfondito lo studio della collezione pomologica costituita da 214 modelli in ceroplastica di antichi frutti risalente al 1887, all’epoca fornita dalla Ditta Gaspani; tra i modelli, 54 mele, 59 pere, 20 prugne, 6 albicocche, 18 pesche, 16 fichi, 22 cedri, 6 arance, 1 coppia di fragole e 12 frutti misteriosi che devono essere ancora identificati. Il lavoro intrapreso punta a verificare la rispondenza dei modelli con varietà ancora esistenti, per poi piantarle nella Valle della Biodiversità di Astino, sezione distaccata dell’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”. L’intento è quello di raccontare temi di grande attualità come la biodiversità agricola, la resistenza al cambiamento climatico, la sicurezza alimentare.
Parte della collezione pomologica è attualmente esposta presso la Sala Viscontea in Piazza Cittadella - Passaggio Torre di Adalberto in Città Alta (BG), alla mostra “L’altro Orto Botanico di Bergamo. Dalla Pomona alla Città Amica delle Api dei Fiori”, visitabile fino al 31 maggio con entrata libera.
800 varietà di semi che raccontano come cambia la montagna
Il Giardino Botanico Alpino “Rezia” di Bormio ha riportato alla luce da un archivio una collezione di 790 provette contenenti i semi di altrettante specie alpine raccolti negli Anni ‘50, oltre a una collezione di 162 tavole di un erbario alpino. Lo studio di queste collezioni può essere di supporto alle riflessioni sui temi del cambiamento climatico globale e sull’etnobotanica.
Il lavoro sulle due collezioni intende renderle fruibili ai visitatori, creando percorsi ad hoc in giardino che ne valorizzino sia gli aspetti conservazionistici legati alla ricchezza naturale del territorio (nelle collezioni sono presenti specie di orchidee rare o endemismi insubrici), sia gli aspetti connessi all’utilizzo nella tradizione popolare di molte specie vegetali. Non da ultimo si intende mettere in evidenza l’importanza storica delle due collezioni; molte delle specie furono infatti raccolte e determinate dal fondatore del Giardino, Professor Giovanni Fornaciari.
Le 183 etichette in porcellana firmate Richard-Ginori
Durante i lavori di restauro dell’Orto Botanico di Brera, appartenente all’Università degli Studi di Milano, sono venute alla luce circa 200 etichette di fine Ottocento realizzate appositamente dalla manifattura Richard-Ginori per indicare i nomi delle specie coltivate. Sono cartellini in porcellana bianca che recano, dipinto a mano, solo il nome scientifico in latino di ciascuna specie, a differenza della cartellinatura attuale che riporta, su supporti di varia natura anche informazioni aggiuntive come il nome comune, la famiglia di appartenenza, il luogo d’origine e a volte anche un codice QR attraverso cui si possono ottenere ulteriori approfondimenti.
Grazie ad un percorso dedicato, il pubblico potrà così osservare come nel tempo la modalità per indicare l’identità delle piante è cambiata non solo per quanto riguarda il materiale usato nel realizzare i cartellini, ma anche nella quantità di informazioni fornite.
Le etichette d’epoca sono oggetti preziosi per l’Orto Botanico, un importante tassello per ricostruire un pezzetto della sua storia, delle sue collezioni e del legame con la città di Milano, luogo in cui ai tempi aveva sede proprio la Società Ceramica Richard-Ginori.
Tutti i colori del regno vegetale
L’Orto Botanico “Città Studi”, appartenente all’Università degli Studi di Milano, racconta una storia che ha fatto la fortuna e la ricchezza dell’arte e dell’industria tessile italiana: quella delle piante tintorie, ampiamente utilizzate prima dell’avvento dei coloranti di sintesi. In Città Studi si conduce uno studio parallelo tra le collezioni di piante viventi coltivate nell’Orto botanico dell’Università e le tavole parietali del diciannovesimo secolo: l’intento è quello di effettuare un monitoraggio e una catalogazione delle specie tintorie (e dei loro semi) presenti in collezione, completarne la cartellinatura e aggiornare il materiale informativo da posizionare nella nuova collocazione della collezione, oltre che renderlo disponibile sul sito web dell'Orto botanico. Sono state individuate 12 tavole parietali storiche aventi per soggetto specie tintorie presenti in collezione, la cui riproduzione verrà posizionata in orto a integrare l'esistente percorso e creando un link con la collezione vivente.
Anche la botanica fa sfilare i suoi 150 modelli
L’Orto Botanico di Pavia sta lavorando alla valorizzazione di 150 preziosi modelli vegetali prevalentemente in cartapesta o gelatina, antecedenti al 1893, 135 dei quali provenienti dalle mani degli artigiani dalla Antica Manifattura Brendel (fondata da Robert Brendel nel 1866 in Breslavia, Polonia, poi spostata in Germania dal successore e figlio Reinhold Brendel) e 15 da Henrich Gässer, collaboratore tecnico del botanico Gottlieb Haberlandt attivo a Graz (1880-1910) e in seguito a Berlino. Queste straordinarie riproduzioni fuoriscala di sezioni vegetali, che rappresentano in maniera ingrandita fiori e organi riproduttivi delle piante, ma anche frutti e malattie fungine, erano creati grazie alla collaborazione tra scienziati e modellisti impiegati alla fine dell’Ottocento per la didattica, come supporto all’insegnamento della botanica.
Dallo studio di questi modelli, non solo emerge l’aspetto dell’evoluzione degli strumenti didattici, ma anche l’aspetto prettamente estetico degli stessi, ingranditi al punto da far scaturire particolari molto dettagliati, che altrimenti sarebbero impossibili da scorgere.
Droghe vegetali in viaggio: studio di 47 reperti vegetali in resina
L’Orto Botanico “G.E. Ghirardi” di Toscolano Maderno, appartenente all’Università degli Studi di Milano, raccoglie l’eredità delle collezioni appartenute alla Stazione botanica sperimentale dell’Azienda Farmaceutica Milanese “SIMES La Cardioterapica”, di proprietà del professor Giordano Emilio Ghirardi, e ancora oggi dedito ad acclimatazione, coltivazione e studio di piante officinali.
Per il progetto SVING, il lavoro dell’Orto botanico si concentra su una collezione di 47 modelli di droghe vegetali, custoditi in 4 teche di vetro e acquisiti a partire dal 1964, anno di fondazione dell’Orto botanico. I reperti consistono in mattoncini di resina trasparente all’interno dei quali è “cristallizzata” la droga, parte di pianta a più alto contenuto in principi attivi. Questi comprendono specie officinali di diversa provenienza geografica in forma di piante intere o parti di esse: rizomi, radici, fusti, foglie, semi, frutti, boccioli fiorali, cortecce, legno, gemme o essudati come resine e gomme.
La collezione rappresenta un patrimonio scientifico e storico-culturale per l’Orto botanico che, sin dalla sua fondazione, ha rappresentato un luogo di acclimatazione e studio di entità vegetali alloctone, di difficile reperimento e di interesse per il loro contenuto in principi attivi cardiotonici e antitumorali.
TRA SCIENZA E ARTE
Questi straordinari manufatti coniugano una notevole accuratezza scientifica e straordinarie abilità artigianali; modelli, erbari, collezioni sono stati in origine impiegati a fini didattici e divulgativi. La conservazione a scopo museale di questi manufatti, divenuti preziose testimonianze storiche, non permette la fruizione di questi reperti antichi con la funzione originaria, ma l’obiettivo di SVING è restituire loro una dimensione interattiva e un utilizzo come strumenti educativi grazie ad acquisizioni digitali e nuove tecnologie. Dall’integrazione tra antichi saperi e conoscenze scientifiche attuali scaturiscono così chiavi di lettura interessanti per interpretare le sfide del mondo contemporaneo.
Il progetto SVING contribuisce a mettere in luce come anche la conoscenza scientifica e l’indagine approfondita della natura a scopo di ricerca abbiano in passato dato vita a vere e proprie opere d’arte che, in quanto a bellezza e impatto emotivo, non hanno nulla da inviare al lavoro scaturito dall’osservazione della natura effettuato da parte degli artisti. La grande bellezza della scienza.
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