Teatro Menotti, Milano: Dal 28 novembre al 3 dicembre 2016 DANZA D’AUTORE con la Compagnia Artemis Danza di Monica Casadei

 

novembre 2016 - Il progetto triennale del Teatro Menotti dedicato alla danza contemporanea italiana quest’anno punta l’attenzione sul focus dedicato alla Compagnia Artemis Danza di Monica Casadei, una delle nostre coreografe più rappresentate all’estero, proprio per la sua originale visione poetica, che intesse la tradizione e il mito con un rivoluzionario utilizzo del linguaggio del corpo e della musica. La compagnia, che vanta co-produzioni e partecipazioni con le maggiori istituzioni nazionali ed internazionali, presenta per la prima volta a Milano due appuntamenti, Traviata (dal 28 al 30 novembre), primo capitolo del progetto di Monica Casadei dedicato a Giuseppe Verdi, traduce nel linguaggio della danza il melodramma più celebre del grande maestro di Busseto, e Tosca X (dall’1 al 3 dicembre), in cui la coreografa esplora l’universo pucciniano, interpretando la celeberrima opera lirica con segno impetuoso ed empatia intellettuale.

 

Traviata è il primo capitolo di un coraggioso progetto firmato da Monica Casadei, eclettica coreografa emiliana formatasi fra Italia, Inghilterra, Francia e vari soggiorni in Oriente, dedicato al celebre Maestro Giuseppe Verdi, che si propone di tradurre nel linguaggio della danza i melodrammi più celebri del più amato compositore italiano.
Violetta contro tutti. Violetta in bianco, speranza di purezza, Violetta in rosso, perché le sanguina il cuore. Un cuore che forse sarebbe stato meglio non fosse mai battuto. Meno dolore, meno contrasto. Violetta, una storia in cui scorre il senso della fine ad ogni alzar di calice. Nulla si risolve. È tardi. È tardi. Dietro i valzer, il male che attende. Dietro le feste e la forma, il marciume di una società in vendita, vuota, scintillante. Addio, del passato bei sogni ridenti. Perché non si è pura siccome un angelo. Questa donna conoscete? Amami, Alfredo…
Aver conversato con Monica Casadei sul debutto di Traviata, ci ha catapultati all’interno di un viaggio coreografico in cui la danza e l’opera duettano dando corpo a un fluire di immagini sbrigliato da qualsiasi volontà di aderenza didascalica, eppure legato a doppio filo al dramma di Violetta. Viaggio in cui vibra il sentimento amoroso di chi spera, legato tragicamente alla sensazione di sapere che tutto finisce, mentre si consuma il conflitto tra singolo e società, pubblica facciata e privato sentire.
[…] Un corpo a corpo, nato dal fatto di misurarsi con una musica che non possiamo pensare slegata dalle scene, complice un artista, Verdi, drammaturgo ancor prima che compositore. Per Traviata, quell’Amami, Alfredo, quel libiam ne’ lieti calici, quel croce e delizia, quel sì, piangi, quell’è tardi, qualunque sia la taratura della passione per il bel canto di chi legge, sono parole che si legano nella memoria a voci, ad arie, musiche, storie, teatri, a partire dalle pagine del libro, fonte dell’opera verdiana. Alfredo e Violetta si mischiano nella mente con Marguerite e Armand, i protagonisti dello struggente romanzo La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, 1848, una storia, scriveva il suo autore, che ha un solo merito: quello di essere vera. Perché è la società reale con il suo conformismo di copertura che pulsa nelle pagine di Dumas e in Marguerite, nome di fantasia, sotto cui si nascondeva quella Marie Duplessis, morta di tisi, sepolta a Montmartre e amata dal giovane scrittore.
Romanzo che diventa prima dramma teatrale, poi opera lirica, poi balletto. Da Eleonora Duse a Sarah Bernhardt, da Maria Callas a Alessandra Ferri, Marie/Marguerite/Violetta con la voce, il canto o l’emozione del corpo che danza ha fatto piangere intere generazioni.
Ma quale Traviata vedremo?
Una Traviata letta dal punto di vista di Violetta. Violetta, appunto, contro tutti. Violetta al centro di una società maschilista espressa da un coro in nero. Violetta moltiplicata in tanti elementi femminili, in tanti spaccati di cuore. Violetta disprezzata, che anela, pur malata, pur cortigiana, a qualcosa di puro. Violetta contro cui si scagliano le regole borghesi espresse dal padre di Alfredo, Giorgio Germont, emblema di una società dalla morale malsana. Una società in cui per certi versi si rispecchia a distanza anche la nostra.
Ed ecco Violetta in mezzo a altre Violette, gonna bianca, gonna della festa, gonna del libiam, ma anche del dolore, di un assolo danzato di schiena, in cui assolo significa solitudine, viaggio verso la morte, cammino verso il proprio funerale: e intanto ascoltiamo l’addio, del passato.
Traviata ha significato per Monica Casadei e i suoi collaboratori, da Alessandro Taverna, autore della drammaturgia musicale, a Luca Vianini, che ha curato l’elaborazione musicale, entrare nel dramma di Violetta, di questa donna a cui è negata la speranza di un sentimento d’amore. Perché, se come prostituta felice del suo ruolo poteva essere integrata nascostamente dalla società, da cortigiana animata dal desiderio di uscire dal suo destino, non poteva che essere punita dalla malattia, dalla morte, dal disprezzo. Uccisa dall’ipocrisia del coro.
Alfredo perciò è nello spettacolo soprattutto un uomo di poco spessore, schiacciato dalle azioni del padre. Appartiene anch’egli al coro. Viene evocato più per la scena della festa da Flora, che per le sue dichiarazioni d’amore. Ancora il disprezzo, ancora lo scontro con la società delle apparenze: qui testimon vi chiamo/ che qui pagata io l’ho.
E allora ecco perché quell’ È tardi diventa la chiave di Traviata della compagnia Artemis. Due parole che risuonano come una campana a morte. Perché nulla può essere recuperato. Perché Violetta, in abito rosso, danza e il suo cuore non può che grondare sangue, sangue che è la tisi, ma che è anche segno di una ferita interiore da cui non c’è che scampo. La società che tutto vede e controlla vuole il suo sacrificio. Sì, piangi, o misera.
Come finire dunque? Come terminare questa visione in bianco e nero, sporcata dal rosso e dal dolore? Che sia con Amami, Alfredo, che ascolteremo in un mix di tante edizioni celebri, un’invocazione che è un grido di morte. Perché se nell’opera ascoltiamo Amami, Alfredo dopo l’incontro decisivo tra Violetta e il padre di Alfredo, nello spettacolo quest’invocazione è spostata al finale. Un urlo di disperazione, un grido di solitudine, in una Traviata molto femminile nella quale la partita non si gioca sulla decorazione, ma sull’esplodere di un’energia fisica di dolore, specchio dell’anima.(Un cuore che gronda- Appunti da una conversazione con Monica Casadei intorno a Corpo a Corpo Traviata di Francesca Pedroni)

 

Con Tosca X Monica Casadei esplora l’universo pucciniano interpretando la celeberrima opera lirica con segno impetuoso ed empatia intellettuale. Anche questo titolo prosegue il percorso di indagine che da diverse stagioni appassiona la coreografa: la relazione tra il gesto coreografico e la parola drammaturgica, foriera di una cifra stilistica in sé già eloquente. Un nesso, quello tra fisicità e drammaturgia, particolarmente evidente nell’opera più drammatica di Giacomo Puccini, che concentra le tensioni e le sfide tra opposti nel secondo atto, il più ricco di colpi di scena, capaci ancora di tenere lo spettatore in costante apprensione. Sono proprio le accentazioni del secondo atto, che resta il nucleo della pièce, ad interessare Monica Casadei, per il côté musicale quanto per il fiume di dramma e sadismo che ne scaturisce. L’elaborazione della partitura originale con l’inserimento di tracce contemporanee e soprattutto con la reiterazione di parole significanti del libretto origina una vera e propria drammaturgia musicale. Su questo appassionante tappeto sonoro si impongono con forza i protagonisti, Tosca, Scarpia, che per la prima volta in Monica Casadei sono identificati come personaggi riconoscibili. Dominante la figura del barone Scarpia, avido di potere e di brama di possesso, così crudelmente giganteggiante da far pensare a molti che sia lui, piuttosto che Tosca, il vero protagonista dell’opera. Proprio in questo contrasto di personalità, che nell’opera si affrontano musicalmente e drammaturgicamente nel secondo atto, si rintraccia l’intuizione artistica della Tosca coreografica per Artemis Danza, creativamente radicata e artisticamente sviluppata sul contrasto tra estremi. Coreografie energiche e fulminee, toniche e nervose corrispondono all’azione drammatica concitata e al ritmo musicale impetuoso, quasi da inseguimento, se non addirittura da thriller, della pièce. Una danza corale, gonfia di impulsi e passioni, istintiva e a tratti selvaggia, che fa un uso vorticoso dello spazio e appare, anche simbolicamente, come visivamente piena: tra le altre anime nere vi si riconosce Scarpia, spietato per sguardi, atteggiamenti, postura. La contrapposizione è con assoli rarefatti e delicati, puri e sensibili, per corpi fragili e indifesi dai quali scaturisce una danza dell’anima che ha invece il vuoto come metafora e la disarmata Tosca a resistere nel mezzo. Al genere maschile delle coreografie di gruppo e a quello invece femminile degli assoli in esse racchiusi, prestano corpi e anime gli interpreti della Compagnia Artemis Danza. Da sempre riconoscibili per la muscolare virilità dei danzatori e la fierezza da amazzoni delle danzatrici, ma se ancora una volta è l’impulso maschile a prevalere, al segno femminile sono riservati spazi preziosi. Interpreti generosi, capaci di darsi senza riserve, che adombrano i tormentati rapporti tra Puccini e le donne della sua vita. Il lavoro sullo spazio, che con l’ampliamento della compagnia permette all’autrice di allargare la propria attenzione dall’interprete al corpo di ballo, dal suo personalissimo teatro-danza a complesse architetture di corpi, trova corrispondenze negli intenti scenografici di questa Tosca. Monica Casadei li pensa, come la coreografia, di segni estremi: pieni e vuoti, sontuosità ed essenzialità, e si affida alla creatività degli artisti che da tempo seguono il suo lavoro. La legge dei contrasti è applicata anche alla scelta dei costumi, con la nudità pudica che ancor più si nota tra gli abbigliamenti aggressivi e imperiosi, simboli del male gratuito e dell’abuso di potere, messi in atto su una scena scarna e algida ma torbida, tristemente simile a una camera di torture. Un altro modo per mantenere viva, anche in questa Tosca, la tensione febbrile e l’energia divorante che identificano l’arte di Monica Casadei.

BIGLIETTERIA

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intero 26,50 € (25,00 € + 1,50 € prevendita)
ridotto over/under 14,00 € (12,50 € + 1,50 € prevendita)
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ridotto studenti e associazioni 11,50 € (10,00 € + 1,50 € prevendita)
ridotto operatori 6,00 € (5,00 € + 1,00 € prevendita)
ridotto scolastiche mattinée 10,00 € (9,00 € + 1,00 € prevendita)
ridotto scolastiche serale 11,50 € (10,00 € +1,50 € prevendita)

ABBONAMENTI

MENOTTI 10 spettacoli 150 € (abbonamento libero e strettamente personale)
MENOTTI 5 spettacoli 80 € (abbonamento libero e strettamente personale)

TEATRO MENOTTI
Via Ciro Menotti 11, Milano - tel. 02 36592544 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

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martedì, giovedì, venerdì dalle ore 15.00 alle ore 19.00
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